La responsabilità contrattuale dell’architetto quale prestatore d’opera intellettuale ed il risarcimento dei danni per inadempimento
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Cosa succede quando si conferisce un incarico ad un architetto, ma questi non adempie al contratto concluso od esegue in modo negligente la propria prestazione?

Può capitare, ad esempio, che un architetto sbagli un progetto o istruisca male l’istanza da presentare alla Pubblica Amministrazione al fine di ottenere una concessione edilizia: di fronte al rigetto dell’istanza da parte della P.A., il committente si vede costretto ad incaricare un nuovo tecnico per i medesimi incombenti. Come può agire per rivalersi sul professionista precedentemente incaricato ed ottenere il risarcimento dei danni?

Quali sono i caratteri della prestazione d’opera intellettuale?

L’architetto, quale prestatore d’opera intellettuale, deve essere iscritto in un apposito albo od elenco: egli svolge la propria prestazione in modo autonomo e con un’ampia discrezionalità, tale da consentirgli la scelta della condotta da tenere e dei mezzi necessari ad adempiere i propri obblighi contrattuali.

In tal senso, la prestazione d’opera intellettuale viene comunemente intesa come un’obbligazione di mezzi e non di risultato: la prestazione e con essa la responsabilità è valutata esclusivamente in relazione alla diligenza impiegata dal professionista nello svolgimento dell’incarico e non rispetto al raggiungimento dell’obiettivo che si è posto il cliente/committente.

La diligenza del professionista è qualificata, ovvero deve rapportarsi alla natura dell’attività esercitata (art. 1176, comma 2, c.c.).: “la diligenza esigibile dal professionista o dell’imprenditore nell’adempimento delle obbligazioni assunte nell’esercizio delle loro attività, è una diligenza speciale e rafforzata, di contenuto tanto maggiore quanto più sia specialistica e professionale la prestazione a loro richiesta” (Cass.n. 16254/2012)

Quando si configura la responsabilità contrattuale dell’architetto?

L’architetto, come ogni altro professionista, è responsabile per l’inadempimento delle proprie obbligazioni individuate nel contratto concluso con il cliente, il quale deve essere adeguatamente informato dei rischi derivanti dalla prestazione che verrà svolta.

Prescindendo dal risultato, la sua responsabilità viene valutata in termini di negligenza, imprudenza ed imperizia: solo quando la prestazione d’opera intellettuale richieda la “soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà” (art. 2236 c.c.), la responsabilità risulta limitata ai casi di dolo o colpa grave.

Tale limitazione si spiega con la necessità di garantire al professionista la discrezionalità che caratterizza il suo operato e che, naturalmente, comporta un rischio per il cliente che gli affida l’incarico.

Quando l’architetto è tenuto a risarcire il danno?

L’architetto che sbaglia un progetto od omette di presentare un’istanza per ottenere una concessione edilizia dalla Pubblica Amministrazione od, ancora, istruisce male l’istanza richiesta incorre in responsabilità contrattuale e, per questo, sarà tenuto a risarcire i danni patiti dal cliente/committente ex art. 1218 c.c., se non prova che la mancata, ritardata od inesatta esecuzione della propria attività è dipesa da causa a lui non imputabile.

Da parte sua, il cliente/committente avrà l’onere di provare:

  1. il danno che gli sia occorso;
  2. l’inadempimento dell’architetto in termine di negligenza, imprudenza ed imperizia;
  3. il nesso causale esistente tra danno subito e condotta del professionista.

La responsabilità, una volta accertata, consente al cliente di ottenere il ristoro della perdita subita (c.d. danno emergente) e, quindi, la restituzione delle somme eventualmente già corrisposte, nonché del mancato guadagno (c.d. lucro cessante) “in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”, come previsto dall’art. 1223 c.c.

In tal senso, ben potrà essere condannato al risarcimento dei danni l’architetto che abbia omesso di presentare un’istanza di concessione edilizia alla Pubblica Amministrazione o che abbia istruito male la pratica sì da comportarne il rigetto: il cliente/committente potrà, in questo caso, agire per far accertare la responsabilità del professionista ed ottenere sia il rimborso delle somme corrisposte, sia il maggior danno, conseguente all’aver dovuto incaricare un altro professionista per i medesimi incombenti con dispendio di tempo e di ulteriori risorse economiche.

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Avv. Alfredo Di Sanza

Avv. Francesca Cipolloni

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