In caso di separazione personale dei coniugi o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Giudice riconosce in capo ad uno dei due genitori – in genere, quello con il quale il figlio non convive in via prevalente – l’obbligo di corrispondere un assegno periodico a titolo di mantenimento, in modo da consentire al figlio stesso, per quanto possibile, di mantenere inalterato il tenore di vita goduto durante la convivenza dei propri genitori.
Se tale previsione è praticamente certa nel caso in cui vi siano dei figli minori di età, lo stesso non può dirsi quando il figlio in questione sia maggiorenne.
Sul tema è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione (ordinanza n. 17183/2020) che si è pronunciata sul ricorso presentato da una madre di un figlio di 33 anni, insegnante precario di musica e parzialmente convivente con lei. In particolare, la donna riteneva che il figlio avesse diritto all’assegno di mantenimento ed al godimento della casa familiare, almeno fino alla piena indipendenza economica nello specifico lavoro prescelto, rispondente alle proprie aspirazioni.
Il ricorso presentato dalla madre è stato integralmente respinto dalla Corte.
Quali sono i principi già espressi sul tema del mantenimento del maggiorenne?
L’ordinanza della Cassazione richiama, prima di tutto, una serie di principi già espressi in tema di mantenimento del figlio maggiorenne:
- per disporre il mantenimento del figlio maggiorenne, il Giudice deve valutare il percorso di studi dell’interessato e le condizioni del mondo del lavoro, ma con rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età dello stesso;
- il mantenimento ha una “funzione educativa”, volta a circoscrivere, in termini di contenuto e di durata, la portata del relativo obbligo di corresponsione, tenendo conto del tempo occorrente e mediamente necessario per l’inserimento del figlio nella società;
- il percorso educativo e di studi prescelto dal figlio, pur dovendo tener conto delle sue aspirazioni e capacità, deve, altresì, essere compatibile con le condizioni economiche dei genitori;
- in ogni caso, il matrimonio o la convivenza del figlio, in quanto espressioni di una raggiunta maturità affettiva e personale, fanno venir meno il diritto a percepire il mantenimento.
Cosa si intende per autoresponsabilità del figlio maggiorenne?
L’ordinanza n. 17183/2020 della Corte assume una valenza innovativa ed attualissima nel sancire il principio di autoresponsabilità del figlio maggiorenne.
Alcune pronunce precedenti (es. Cass. n.1830/2011) avevano subordinato la rinuncia al mantenimento alla titolarità da parte del figlio maggiorenne di un “reddito corrispondente alla professionalità acquisita”.
Invece, secondo la recente ordinanza, l’obbligo di mantenimento non può discendere automaticamente ed in via esclusiva dal mancato rinvenimento di un lavoro che sia coerente con il proprio percorso di studi o con le competenze professionali o tecniche conseguite.
Tra le circostanze che il Giudice è chiamato a valutare per riconoscere il diritto al mantenimento assume rilievo, come indice di “colpevolezza” del figlio maggiorenne, anche la ricerca del “lavoro ideale” od il rifiuto per occupazioni non perfettamente aderenti alle proprie aspettative.
Di conseguenza, ben si può pretendere che il figlio si attivi nella ricerca di un’occupazione che gli consenta comunque di raggiungere un’indipendenza economica, nell’attesa di rinvenire l’impiego più in linea con le proprie aspirazioni, per evitare che si instauri un controproducente regime di “assistenzialismo” sine die.
Di fatto, in base alle prescrizioni legislative, il limite temporale alla corresponsione del mantenimento è fissato al raggiungimento della maggiore età, in quanto si presume che, a quel punto, il figlio abbia raggiunto, in uno con la propria autonomia e capacità di agire, anche la c.d. “capacità lavorativa”, da intendersi come adeguatezza a svolgere un lavoro remunerato.
Quali sono i presupposti per il riconoscimento del mantenimento al figlio maggiorenne?
Il mantenimento del figlio maggiorenne può essere riconosciuto in presenza delle seguenti condizioni:
- uno stato di minorazione o debolezza della capacità personali del figlio, non necessariamente integranti gli estremi del regime di protezione per gli incapaci;
- la prosecuzione diligente di studi ultraliceali, indice di un percorso finalizzato alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini, ancora regolarmente in corso di svolgimento, e condotto con impegno e risultati adeguati;
- l’essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi svolti, durante il quale il figlio si sia attivato per la ricerca razionale di un’occupazione;
- la mancanza di un qualsiasi lavoro, nonostante tutti i possibili tentativi di ricerca dello stesso, più o meno corrispondenti alla propria preparazione professionale ed aspirazione.
Conclusioni
L’obbligo di corrispondere il mantenimento al maggiorenne è, quindi, rimesso alla valutazione discrezionale del Giudice, non potendo discendere automaticamente dal solo fatto della mancanza di indipendenza economica dello stesso.
Il figlio dovrà dimostrare anche di essersi adoperato con impegno e raziocinio tanto nel percorso di studi prescelto quanto nella ricerca di un’occupazione che, in ogni caso, non deve limitarsi a quanto di proprio gradimento e maggiormente attinente alle competenze acquisite, ma dovrà, anche temporaneamente, riguardare qualsiasi lavoro che gli consenta di rendersi indipendente economicamente.
Tale impostazione si rende necessaria per evitare forme di “parassitismo” ed “assistenzialismo” perpetrate a tempo indeterminato nel rapporto genitori-figli.
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Avv. Alfredo Di Sanza
Avv. Francesca Cipolloni
