Comunione: cos’è e come si scioglie
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Come noto, per “comunione”, dal punto di vista giuridico, si intende la contitolarità di diritti di proprietà od altri diritti reali su di un bene comune (artt.1100 – 1116 c.c.).

Come nasce la comunione e come si struttura?

Tale situazione di condivisione di diritti può aversi:

  • per volontà delle parti, ad esempio nel caso di due coniugi che decidono di comprare insieme la casa coniugale (c.d. comunione volontaria);
  • per un evento casuale, ad esempio nel caso in cui due o più persone ricevano in eredità un bene (c.d. comunione incidentale);
  • per legge, come nel caso del condominio degli edifici (c.d. comunione forzosa).

Ai contitolari di diritti della stessa natura sul bene comune sono attribuite delle quote:

  1. quote ben definite e materialmente individuabili, tali da consentire a ciascun titolare di provvedere autonomamente alla gestione ed alle spese della quota di propria spettanza (c.d. comunione pro-diviso);
  2. quote ideali, presunte uguali, ma non identificabili fisicamente (c.d. comunione pro-indiviso).

Cosa succede, però, quando viene meno la volontà di uno dei contitolari di partecipare alla gestione della cosa comune?

Quando è possibile procedere allo scioglimento della comunione?

Ciascuno dei partecipanti alla comunione può sempre chiederne lo scioglimento (art. 1111 c.c.). L’unico limite previsto dalla legge è il seguente: non si può chiedere lo scioglimento, qualora il bene comune, una volta diviso, non possa più servire all’uso al quale è destinato.

Lo scioglimento può avvenire di comune accordo con tutti i contitolari del bene comune (c.d. divisione consensuale) oppure, molto più spesso, può richiedere l’intervento del Giudice (divisione giudiziale).

Ciò vale tanto per lo scioglimento di una comunione volontaria quanto per la comunione ereditaria.

Come avviene la divisione giudiziale?

Nel caso in cui la pluralità dei soggetti che vantano i medesimi diritti sulla cosa comune non riescano a raggiungere un accordo, diviene necessario per colui che è intenzionato a sciogliere la comunione rivolgersi al Giudice.

Preliminarmente, andrà esperita la mediazione: la divisione rientra, infatti, tra le materie per cui la mediazione è obbligatoria in quanto condizione di procedibilità del successivo ed eventuale giudizio dinanzi al Tribunale.

Qualora la mediazione non sia risolutiva, la domanda di divisione giudiziale andrà proposta al Tribunale del luogo in cui si trova la cosa comune (od al Tribunale del luogo in cui è stata aperta la successione, in caso di divisione ereditaria).

La domanda di scioglimento della comunione e di divisione ereditaria deve essere rivolta a tutti i contitolari di diritti sul bene comune, tutti i coeredi in caso di divisione ereditaria, nonché nei confronti di tutti gli eventuali creditori opponenti.

Nel procedimento giudiziale si aprono due possibilità:

  1. divisione in natura, qualora il bene comune sia divisibile ovvero possa essere comodamente diviso in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti. Viene elaborato un progetto di divisione che, in assenza di contestazioni, diviene esecutivo con ordinanza non impugnabile; in caso di contestazioni, invece, si apre un giudizio di merito definito con sentenza.
  2. vendita all’asta del bene comune. Nel caso in cui l’immobile non sia di agevole divisione, il Giudice dispone la vendita all’incanto con conseguente ripartizione del ricavato tra i contitolari secondo le rispettive quote.

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Nel caso in cui si desideri avere una consulenza legale in materia di divisione di un bene in comunione, è possibile contattare lo Studio Legale Di Sanza, sempre a disposizione del Cliente con i suoi professionisti qualificati.

Avv. Alfredo Di Sanza

Avv. Francesca Cipolloni

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