Quando l’eredità viene devoluta agli eredi in base alle ultime volontà espresse da un soggetto in vita e suggellate in un testamento, si apre la cosiddetta “successione testamentaria”.
Ciò determina un trasferimento di situazioni giuridiche dal testatore (anche detto“de cuius”) ad un altro soggetto (l’erede).
Colui che predispone testamento non può, tuttavia, manifestare la propria volontà in maniera totalmente libera, essendo obbligato a non intaccare una parte dei beni che la legge attribuisce di diritto a determinati soggetti a lui legati da particolare vincolo di parentela.
Tali soggetti vengono definiti “eredi legittimari” e la porzione di beni intaccabile definita “quota di legittima”.
Che cos’è la quota di legittima?
Il patrimonio ereditario è scomponibile in due parti: una quota disponibile, della quale il de cuius è libero di disporre secondo la propria volontà, e una quota indisponibile, destinata ex lege a determinate categorie di soggetti e definita, come già detto, quota di “legittima”.
Il testatore, in sostanza, non può compiere alcun atto di disposizione su tale porzione di patrimonio.
I beneficiari della legittima (legittimari) sono, ai sensi dell’art. 536 c.c. il coniuge, i figli, nonché gli ascendenti del de cuius.
A tal proposito, è essenziale stabilire quale sia la base ereditaria da cui partire per calcolare l’entità di ogni quota spettante ai legittimari e, conseguentemente, valutare se il testatore abbia violato la quota di legittima.
Tale massa ereditaria va valutata al momento della morte del testatore, ovverosia al momento dell’apertura della successione.
Come si determina la c.d. “quota di legittima” in presenza di testamento?
Per determinare la quota di legittima in presenza di testamento occorre sommare la massa dei beni appartenenti al defunto al tempo della morte al netto dei debiti (c.d. relictum), con i beni da questi donati in vita.
Tale operazione viene definita nel linguaggio giuridico “riunione fittizia”.
Sulla base del risultato ottenuto sarà poi determinata la quota di legittima spettante ad ogni legittimario.
Le quote di legittima in presenza di testamento sono le seguenti:
- se il de cuius lascia il solo coniuge --> ½ dell’eredità in favore del coniuge;
- se il de cuius lascia coniuge + figlio --> 1/3 dell’eredità al coniuge, 1/3 al figlio;
- se il soggetto lascia coniuge + due o più figli --> ¼ al coniuge; ½ ai figli in parti uguali. In tali casi, al coniuge spetta altresì il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare se di proprietà del defunto o comune.
- se il de cuius lascia un solo figlio --> ½ dell’eredità in favore del figlio;
- se il de cuius lascia più figli --> 2/3 del patrimonio, da ripartirsi tra essi in parti eguali;
- se il de cuiusnon lascia figli ma solo ascendenti -->1/3 del patrimonio, da ripartirsi in parti eguali;
- se il de cuius lascia ascendenti e coniuge --> ¼ del patrimonio agli ascendenti, ½ del patrimonio al coniuge.
Cosa succede quando ad un erede legittimario, in base al testamento, vengono assegnati beni per un valore inferiore alla quota di legittima?
Se il testatore dispone della propria quota in testamento eccedendo i limiti suindicati, lederà la quota di legittima del legittimario, con conseguente possibilità per quest’ultimo di intraprendere un’azione giudiziaria, definita azione di riduzione.
Tale attività necessita dell’ausilio di un difensore.
Impugnazione del testamento per lesione della quota di legittima: l’azione di riduzione
L’azione di riduzione mira a far dichiarare l’inefficacia degli atti testamentari lesivi della quota di legittima e, successivamente, a ottenere la reintegrazione del legittimario nella quota lui spettante per legge, mediante la restituzione dei beni posseduti in eccesso da parte dei beneficiari.
Entro quanti anni va impugnato il testamento esperendo azione di riduzione?
Il termine per impugnare un testamento è decennale.
Secondo un primo orientamento, tale termine decorre dal momento della morte del soggetto della cui eredità si tratta, ovverosia dalla data di apertura della successione.
Secondo altra parte della dottrina e giurisprudenza, il termine di prescrizione decorre dal momento della pubblicazione del testamento, poiché da questo momento si determina una presunzione di conoscenza delle disposizioni testamentarie.
Ambedue i precedenti orientamenti sono, tuttavia, minoritari.
Secondo il consolidato orientamento oggi prevalente, sancito dalla pronuncia della Suprema Corte a sezioni unite con sentenza 25 ottobre 2004 n. 20644, il termine prescrizionale decorre dalla data di accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base a disposizioni testamentarie lesive della legittima.
Il soggetto leso, dunque, non è legittimato ad esperire l'azione di riduzione fin quando colui che risulta essere chiamato all'eredità in base al testamento non la accetta.
Solamente da questo momento infatti il legittimario ha cognizione piena dell’asse ereditario e del pregiudizio lui causato dal testamento.
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Avv. Alfredo Di Sanza
Dr. Ylenia Garriglio